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Esibizionismo e Privacy: Due Facce della Stessa Medaglia?
Inviato da Segret69 16 2010 alle ore 15.22
Immagine: easyhealth.org.uk Oggi vorrei proporvi alcune interessanti riflessioni di Michael Gerson, editorialista del Washington Post, riguardo a due grandi questioni, teoricamente in contraddizione tra loro: la privacy e l'esibizionismo. Si tratta di ciò che si verifica dall'altra parte del mondo, ma è specularmente rilevante anche qui da noi.

Immagine: easyhealth.org.uk

Oggi vorrei proporvi alcune interessanti riflessioni di Michael Gerson, editorialista del Washington Post, riguardo a due grandi questioni, teoricamente in contraddizione tra loro: la privacy e l'esibizionismo. Si tratta di ciò che si verifica dall'altra parte del mondo, ma è specularmente rilevante anche qui da noi.

Poche settimane dopo che la Corte Suprema ha esaminato il caso storico riguardante la necessità di maggiore comunicazione in materia di privacy, molte donne hanno rivelato su Facebook il colore del loro reggiseno, per sensibilizzare le persone sulla prevenzione del tumore al seno. La maggior parte delle donne, o comunque di coloro che hanno un'identità femminile su Facebook, hanno aggiornato i loro profili con parole come: nero, leopardato o "mimetico".

Ci troviamo di fronte al paradosso dell'era cyber: una nazione di esibizionisti che vuole la privacy.

Tuttavia, l'aspetto più interessante della cultura cyber, non è la richiesta di privacy, ma il fatto che la si trascuri, non il desiderio di proteggere la comunicazione privata ma la compulsività di rendere pubblico il colore del proprio reggiseno.

Si sa, Internet ha raccolto le pietre miliari dell'esibizionismo. Nel 1996, Jennifer Ringley trasmetteva tutta la sua vita sul web: da quando si lavava i denti a quando faceva sesso. Nel 1998, Elizabeth Ann Oliver ha partorito in diretta. Nel 2001, Josh Harris ha reso pubblica la rottura del fidanzamento con la sua ragazza.

La vera rivoluzione di Internet è stata quella di svelare agli altri la propria quotidianità. Alcuni, su Twitter, Facebook e simili, hanno cominciato ad affliggere il prossimo con una continua fuoriuscita di tutto quello che gli passava per la testa, passatempo che un opinionista non avrebbe alcun diritto di criticare.

Ciò che risulta però meno comprensibile sono le rivelazioni che, una volta, erano riservate solo agli amici più intimi. La trasparenza si è staccata dall'intimità. Non sono solo i giovani che orgogliosamente ed irresponsabilmente registrano i dettagli delle loro esperienze sessuali o gli eccessi del sabato sera (di solito pentendosene in seguito). C'è sempre una certa dissonanza quando qualcuno comunica la morte di un proprio caro su Facebook ed arrivano messaggi di condoglianze da "amici" che in realtà sono praticamente estranei.

Naturalmente ci sono molti motivi per condividere informazioni personali sui social network. La maggior parte delle persone fa networking per conoscere gente nuova. Facevo queste considerazioni mentre aggiornavo la mia pagina su Facebook, praticamente senza amici. Ma chi potrebbe mai essere interessato a sapere che io ascolto Iron & Wine o che consiglierei il film "La passione di Giovanna D'Arco"?

In ogni caso il mio sospetto è che molte persone siano esibizioniste su Internet semplicemente perché si sentono sole. Vogliono (credere) che i particolari della loro vita interessino a qualcuno, non importa se volgari, preoccupanti o scioccanti. Certo, questi particolari sono importanti, così come lo sono tutte le vite. Se il motivo è la solitudine, però, la situazione probabilmente non migliorerà stando davanti al computer.

Queste rivelazioni sono una sorta di soliloquio. Il palco di Internet è diventato quello che si potrebbe definire uno spettacolo "one-man show".

Mentre l'America si preoccupa della protezione legale della privacy e nel contempo non la  mette in pratica, l'attenzione negata merita ancora un elogio. Come scrive C.K. Williams:

"More and more lately, as, not even minding the slippages yet, the aches and sad softenings, I settle into my other years, I notice how many of what I once thought were evidences of repression, sexual or otherwise, now seem, in other people anyway, to be varieties of dignity, withholding, tact."

Non saranno virtù della cultura (o meglio: di una certa cultura) di Internet, ma sono sempre virtù.

 

Fonte: The Washington Post

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